Investire In America Latina: Ecco Dove Non Farlo!

Tecnicamente parlando, gli indicatori del benessere economico di un paese sono: popolazione istruita, un livello “tollerabile” di corruzione, un governo stabile che non spaventi gli investimenti stranieri e una valuta affidabile. Ora, la maggior parte dei paesi sviluppati soddisfano tali parametri di riferimento, quasi tautologicamente. Negli ultimi anni, alcuni stati del Sud America hanno avuto un vero e proprio boom economico, mentre altri hanno attraversato periodi di grande difficoltà contraddistinti da un peggioramento costante del proprio Prodotto Interno Lordo. Vediamo ora quali sono i tre paesi sudamericani che, nonostante offrano alcuni vantaggi, non sono consigliabili per un investimento immediato.

Venezuela

Anche se il Venezuela ha trascorso la maggior parte del 21 ° secolo come paese antagonista degli Stati Uniti, le relazioni tra le due nazioni non sono sempre state così “acide”. Fino a qualche tempo fa hanno mantenuto una convivenza cordiale e tranquilla, almeno fino all’elezione del presidente socialista Hugo Chavez nel 1999, il quale era convinto che il governo degli americano stesse cercando in tutti i modi di rovesciarlo. Membro dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, il Venezuela ha consigliato agli altri paesi membri di aumentare i prezzi del petrolio, per “danneggiare” gli interessi americani. Dopo la morte di Chavez (2013), fu il vice presidente Nicolas Maduro ad ottenere la presidenza. Appena eletto, cercò immediatamente di placare gli investitori stranieri dichiarando una offensiva contro “i parassiti capitalisti”. Tra le altre iniziative più curiose, ordinò ai negozi di elettronica di vendere televisori al di sotto dei prezzi di mercato. Purtroppo per i venezuelani, le riforme attuate provocarono solo una grande carenza di beni di lusso e dei beni primari, ma soprattutto un aumento devastante dell’inflazione (a circa il 63%). Ad ogni modo, il Venezuela detiene le maggiori riserve di petrolio al mondo. Più dell’Arabia Saudita, del Canada e quasi quanto l’Iraq e l’Iran messi assieme! Anche se le stime delle riserve di petrolio possono variare notevolmente da un anno all’altro, con la scoperta di nuove fonti o lo sviluppo di metodi più efficaci per estrazione, il trasporto e il trattamento. Nonostante tutti i fattori negativi, gli Stati Uniti restano di gran lunga il principale partner commerciale del Venezuela. Il paese sudamericano importa due volte tanto dagli Stati Uniti, come fa qualsiasi altro paese, e invia il 40% delle sue esportazioni negli States (soprattutto idrocarburi). Detto questo, il Venezuela dovrebbe essere sulla carta un paese ricchissimo e all’avanguardia. Purtroppo però, il populismo e l’ideologia retrograda del governo venezuelano, rendono il paese instabile e inadatto per un investimento immediato.

Argentina

Rispetto al Venezuela, l’inflazione in Argentina è una dato trascurabile! Ma rispetto al resto del mondo, il suo 41% è devastante! Un secolo fa, l’Argentina era un paese ricco e fiorente: pensate che il suo reddito pro capite era paragonabile a quello degli Stati Uniti e del Canada. Ma la nazionalizzazione delle principali industrie del paese e programmi contro la povertà hanno invertito questa tendenza. Eppure l’Argentina dispone di enormi risorse agricole, fra le più grandi al mondo. Ma la Guerra delle Cristine o “guerra delle tariffe” del 2012 hanno ridotto di molto le importazioni e le esportazioni del paese. Nell’imminente, l’Argentina ha violato un accordo commerciale e non è riuscita a compensare alcuni investitori statunitensi dei pochi milioni dovuti. A causa di ciò, il paese ha subito l’ennesimo default! Il default tecnico dell’Argentina del Luglio scorso sta imponendo una seria riflessione politica ed economica sul ruolo dei fondi speculativi (gli hedge fund) nella finanza globale e sui loro limiti, ma di certo questo fallimento di Buenos Aires non è lontanamente paragonabile a quello del 2001. D’altronde questo crac potrà raggiungere una cifra di 29 miliardi di dollari mentre quello di 13 anni fa era stato di circa 100 miliardi di dollari. Di certo la reazione dei mercati è stata questa volta molto più lieve di quanto si potesse temere. Il 30 luglio del 2014 Standard & Poor’s ha abbassato il rating sui bond argentini al livello di SD (selective default) dal precedente CCC-/C dopo che Buenos Aires non aveva potuto pagare 539 milioni di dollari di interessi (che pure avrebbe) ai propri creditori.

Brasile

La Banca Mondiale considera il Brasile come un luogo difficile in cui fare affari, a causa di un “mortificante” livello di burocrazia e un sistema fiscale complicato ed inefficace. Una nazione di 200 milioni di abitanti che si vuole ergere a motore del Sud America, non si può permettere il lusso di rendere complicato agli stranieri danarosi di investire nel paese! Anche se il Brasile gode (a livello regionale) di livelli microscopici di inflazione (7%) e disoccupazione (4%), il dinamismo economico è inferiore rispetto a quanto tali numeri potrebbero far pensare. Ciò perché la percentuale delle importazioni e delle esportazioni è davvero esigua rispetto alle dimensioni dell’economia brasiliana. In pratica, i brasiliani vendono e comprano gli uni dagli altri! Il PIL cresce ad un tasso annuo del 3%, che copre a malapena il concomitante aumento della popolazione.

Conclusioni

Se avete intenzione di investire in Sud America, è consigliabile guardare a paesi come la Colombia, il Perù e il Cile, perché oggi offrono una crescita e una prosperità sostenibile. Ad ogni modo, con riforme ed incentivi adeduati e sufficienti a stimolare gli investimenti esteri, anche Venezuela, Argentina e Brasile potranno diventare delle ottime mete per attrarre investitori internazionali.

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