– News – I giudici: «In Mps nessuna banda, nessuna truffa, nessun danno»

Finanza e inchieste

I magistrati senesi depositano le motivazioni dell’assoluzione per gli ex manager dell’area Finanza di Rocca Salimbeni e del broker Enigma

di Stefano Elli

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2′ di lettura

Tempismo perfetto per giudici di Siena che martedì, nei canonici 90 giorni, hanno depositato le motivazioni della sentenza emessa il 16 luglio scorso con cui si era sancita l’inesistenza della famigerata «banda del 5%» in seno all’area finanza del Monte dei Paschi di Siena e al suo desk londinese. L’assoluzione di Gian Luca Baldassarri e Alessandro Toccafondi, rispettivamente ex capo area finanza Mps e suo responsabile trading oltre che di Maurizio Fabris, Fabrizio Cerasani e David Ionni, fondatori del broker italo inglese Enigma era stata la più ampia possibile: proscioglimento perché il fatto non sussiste.

In 40 pagine il presidente del Collegio giudicante Luciano Costantini ha riassunto le fasi del dibattimento impostato dall’accusa sull’esistenza di una presunta associazione a delinquere formata da una decina di persone che avrebbero organizzato una serie di truffe aggravate ai danni della banca ponendo in essere, come ebbe a dire la pubblica accusa: «Un’imponente attività finanziaria tra le parti finalizzata a determinare un lucro costante e spropositato in favore di Enigma ed in sicuro danno di Bmps».

L’assunto dell’accusa
In effetti l’assunto accusatorio era che le numerose operazioni finanziarie di acquisto e vendita di titoli tra il desk di Mps e quello di Enigma non avessero altra ragione se non quella di lucrare denaro per sé provocando danni alla banca. Il processo era iniziato il 14 novembre del 2017, e nella minuziosa ricostruzione dei giudici emergono constatazioni sulla mancanza di tracce documentali dell’esistenza del presunto accordo criminoso sostenuto dai pm né di alcuna conversazione o comunicazione frutto di intercettazioni telefoniche o ambientali che possano costituire un decisivo mezzo di prova dell’esistenza della supposta associazione a delinquere.

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Nessun elemento di prova
Né i giudici sembra abbiano risparmiato critiche più o meno velate all’attività dei pm laddove definiscono il capo d’imputazione «di ostica lettura» e dove affermano che: «La ricostruzione operata dal pubblico ministero si è arrestata ad un suggestivo spunto investigativo che si è arrestato a tale stadio preliminare e non si è mai evoluto nella dimostrazione dell’esistenza di un’associazione a delinquere, perché dalle prove utilizzabili per la decisione non si rinviene alcuna traccia degli elementi costitutivi del delitto».

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