– News – Lo stop di Bce a Sondrio rischia di frenare le fusioni tra le banche italiane
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Se voleva dare un chiaro segnale all’Italia delle banche per vanificare i progetti di fusione allo studio, la Vigilanza della Bce di Francoforte non ha neanche avuto bisogno di varcare il Rubicone. È bastato che arrivasse a Cento, provincia di Ferrara, terra di confine con le province di Modena e Bologna. Con un editto: la locale Cassa di risparmio non potrà essere acquisita dalla Popolare di Sondrio, vigilata direttamente da Francoforte.
La Bce ha detto no: priorità al derisking, è stato comunicato ai conquistatori valtellinesi, a meno che Sondrio non proceda ad un aumento di capitale. L’assioma della Vigilanza europea, già emerso in Italia nel caso della fusione tra Banco Popolare e Bpm, è che in caso di aggregazione il capitale non si somma ma si deve moltiplicare.
Ora, è vero che il caso Popolare Sondrio-Cassa di Rispamio di Cento ha scarso rilievo patrimoniale ed economico per il sistema bancario. Ed è possibile che sulla scelta di Francoforte abbia inciso, diciamo come segnale di moral suasion, la volontà di impedire che l’ultima banca popolare sana cresca dimensionalmente prima di essersi trasformata in S.p.A.
La conseguenza della bocciatura di Bce all’operazione Sondrio-Cento ha però effetti più ampi e, da Francoforte, arriva a contagiare Modena (dove ha sede Bper), Bergamo-Brescia (Ubi Banca) e Milano-Verona (BancoBpm). Fino a varcare il Rubicone e arrivare fino a Siena, dove ha sede Mps. Alle quattro banche che in qualche modo stavano ragionando su possibili aggregazioni, il messaggio che arriva forte e chiaro da Francoforte è: avanti con le fusioni ma solo a patto di ingenti aumenti di capitale. Può darsi che nei prossimi giorni Bce mandi segnali di diverso tipo ma per le banche d’affari attive sui vari dossier la data di venerdì 18 ottobre è arrivata come il fischio finale dell’arbitro ai tentativi di aggregazione in corso.
La Vigilanza continua a sollecitare a parole una concentrazione del sistema bancario europeo e ad evidenziare il problema di una redditività sostenibile. Ma poi, forse per comodità di Vigilanza, subordina ogni fusione ad aumenti di capitale onerosi per gli azionisti. In una fase di mercato in cui sono più le Ipo che saltano di quelle che vanno in porto, difficile immaginare che i board di due banche tentino una aggregazione chiedendo soldi a un mercato che vede il Roe costantemente inferiore al costo del capitale.