Come Comprare Un Titolo Indicizzato
Oggi uno dei sistemi più efficaci e utilizzati per difendere i propri risparmi dall’inflazione è quello di comprare titoli indicizzati. Ma non tutti, ovviamente, sono strumenti validi e redditizi. Per titoli indicizzati s’intende comunemente un’obbligazione o un titolo di stato che paga i propri interessi (ed eventualmente il capitale alla scadenza) in base all’andamento di un parametro o indice finanziario semplice (come il tasso Euribor o l’Indice dei Prezzi al Consumo). Vediamo ora i parametri e le caratteristiche da controllare prima di scegliere un titolo indicizzato.
Prima di investire il proprio capitale in titoli indicizzati all’inflazione, sarebbe opportuno innanzitutto controllare che l’indicizzazione faccia riferimento sia alle cedole che al capitale rimborsato alla scadenza. Soprattutto quest’ultimo, in quanto è quello che potrebbe subire più di tutti i negativi effetti del rialzo dei prezzi, specialmente quando la scadenza è a lungo termine. Ma quello che pochi sanno è l’impatto di un moderato tasso di inflazione sui propri risparmi, soprattutto in un lasso di tempo molto lungo. Ad esempio, sarebbe sufficiente il 2% annuo di crescita dei prezzi per dimezzare il potere di acquisto di una somma dopo 35 anni. Quindi, uno dei primi aspetti da considerare prima di investire in titoli ad indicizzazione reale, è l’estensione di quest’ultima al capitale rimborsato. Altro aspetto da considerare è il modo in cui l’inflazione viene “inclusa” negli interessi e nel capitale pagato. Molto spesso, infatti, le obbligazioni emesse da società private o dalle banche, danno interessi in misura uguale all’incremento dell’indice dei prezzi al consumo maggiorato di una certa percentuale. Ipotizzando che lo spread sia dell’1% e che l’inflazione sia del 2,5%, la cedola sarà quindi pari al 3,5%. Questo tipo di indicizzazione “maggiorata” è però ingannevole! Visto che la correlazione tra il tasso reale e quello nominale non è di tipo “additivo” ma “moltiplicativo”, questa procedura risulta decisamente penalizzante. Il tasso reale è dato dalla seguente formula:
tasso nominale – tasso d’inflazione
TASSO REALE = _________________________________________________
tasso d’inflazione
Considerando l’esempio precedente, quindi, l’interesse reale non sarebbe pari all’1% come potrebbe apparire, ma solamente lo 0,975%. Non solo, ma tanto più è elevato il tasso di inflazione, tanto più basso sarà l’interesse reale corrisposto da un’obbligazione ad indicizzazione “additiva”. Ecco perché è solitamente sconsigliato investire nei titoli calcolati in questo modo!
BTP€i e OAT€i
La scelta dovrebbe quindi ricadere su titoli indicizzati in maniera “moltiplicativa”, come i BTP€i o gli OAT€i francesi. Questo tipo di indicizzazione parte dal tasso di inflazione maturato dall’emissione del titolo in avanti e lo si somma ad uno. Il valore che si otterrà, ovvero il denominatore della formula sopra citata, viene chiamato coefficiente di indicizzazione, ed è utilizzato come “rettifica” degli interessi e del valore di rimborso a scadenza. Appare quindi ovvio che l’indicizzazione moltiplicativa fa in modo che lo spread pagato oltre il tasso di inflazione corrisponda esattamente al tasso di interesse reale. Tornando all’esempio precedente, se consideriamo un tasso d’inflazione del 2,50% e un interesse reale dell’1%, la cedola pagata dal nostro titolo sarebbe pari a (1,025) x 1 = 1,025%. A questo risultato si dovrà poi aggiungere la rivalutazione del capitale a scadenza, che sarà anch’esso rivalutato nella stessa misura (ossia del 2,50%). Volendo fare un paragone con il caso precedente, la rivalutazione “complessiva” dei nostri soldi sarebbe pari a 1,025%+2,50%= 3,525%. Utilizzando la formula per il calcolo dell’interesse reale possiamo agevolmente verificare che esso è esattamente pari all’1% e così rimarrà definitivamente, a prescindere dal tasso d’inflazione futuro. Ipotizzando che i prezzi al consumo siano cresciuti del 9%, l’interesse reale del primo bond sarebbe solo pari a (10-9)/(1,09)= 0,91%. Nel secondo caso avremmo una cedola pari a 1,09% che si somma alla rivalutazione in conto capitale del 9% generando un interesse nominale del 10,09% che corrisponde esattamente all’1% reale.
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