Guida ai titoli di Stato
Negli ultimi tempi si è sentito un gran parlare di titoli di Stato: ma cosa sono e, soprattutto, a cosa servono? Nell’articolo di oggi, vedremo di approfondire questo interessante argomento. Negli ultimi mesi, vi è stata una grandissima domanda in occasione dell’emissione di BTP Italia (Buoni del Tesoro Poliennali) che ha riportato in auge l’interesse per i titoli di Stato. Questi titoli si distinguono dagli altri investimenti per la loro trasparenza e la tassazione agevolata sui guadagni (12,5% contro il 20% applicato su tutti gli altri investimenti finanziari). Ma vediamo ora di spiegare i titoli di Stato nel dettaglio.
Procedura di acquisto
I titoli di Stato sono delle obbligazioni emesse da un Paese sovrano per finanziare il suo debito pubblico. Il loro acquisto, da parte dei risparmiatori, può avvenire in due distinti momenti: in fase di asta, ovvero quando i titoli vengono proposti al mercato facendo semplicemente un’apposita domanda al proprio broker o alla banca di fiducia. E’ importante dire però che la loro assegnazione non è automatica, considerato che la domanda può risultare superiore all’offerta. In secondo luogo, sarà possibile acquistare il titolo già quotato al prezzo del momento, che viene naturalmente generato dall’incontro tra la domanda e l’offerta. In fase d’asta non è previsto il pagamento di nessuna commissione, ad eccezione dei BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), che in ogni caso prevedono massimali contenuti, disposti per decreto, attualmente a quota 30 centesimi per ogni 100 Euro sottoscritti, mentre l’acquisto di titoli sul mercato è soggetto ad un prelievo determinato dall’intermediario.
Tipologie di titoli di Stato
Per moltissimi anni, il principale strumento di investimento delle famiglie italiane è stato il famoso BOT (Buono Ordinario del Tesoro), il quale viene emesso con una durata massima di 12 mesi (altri invece anche a 3 e a 6 mesi). Erano i tempi della lira e dell’inflazione alta, che spingevano il Tesoro ad assicurare rendimenti elevati per suscitare l’interesse dei risparmiatori. Oggi, la situazione è drasticamente cambiata, anche se i BOT mantengono ancora il loro “appeal”. Quelli emessi con taglio minimo di 1.000 euro, sono titoli collocati a sconto: in poche parole, il loro prezzo di rimborso è pari a 100, mentre quello di emissione è inferiore. La differenza tra i due valori mostrerà il rendimento per l’investitore. Lo stesso meccanismo vale per i CTZ (Certificati del Tesoro Zero coupon), che hanno una durata fino a 2 anni. Tutti gli altri titoli di Stato, invece, si differenziano da quelli sopra citati per la loro cedola. I CcTeu (Certificati di Credito del Tesoro) sono strumenti con scadenza a 7 anni e un rendimento della cedola variabile che è legato al tasso Euribor a 6 mesi, con l’aggiunta di una maggiorazione. I BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) possono raggiungere scadenze fino a 30 anni e prevedono cedole semestrali a tasso fisso. Infine, vi sono i BTpi e il BTP Italia, che sono strutturati come il classico BTP, ma con differenza che la loro cedola è influenzata sia dall’inflazione europea che da quella italiana.
quale scegliere?
La duration (durata) è uno degli indicatori più importanti delle obbligazioni. Tanto più lontana sarà la scadenza di un titolo, tanto più alto sarà il rischio che l’emittente possa trovarsi in difficoltà nel rimborso. Questo ci fa capire una cosa importante: che i rendimenti dei titoli a breve scadenza tendono ad assicurare rendimenti più contenuti rispetto a quelli a lunga scadenza. La duration, a sua volta, è strettamente collegata ad una variabile essenziale per il rendimento delle emissioni sovrane, ovvero l’andamento dei tassi di interesse. Infatti, quando questi salgono, i rendimenti dei titoli di Stato tenderanno a scendere, e viceversa. Questo ci fa capire il perché la durata del portafoglio può essere modificata riducendola quando si prevede un aumento dei tassi e aumentandola quando è previsto un loro calo.
Ovviamente, il rischio di valutazioni errate sarà sempre elevato: quindi, la migliore strategia per riuscire a minimizzare i rischi sarà la diversificazione: infatti, inserendo nel portafoglio titoli a reddito fisso e indicizzati all’inflazione (sia a breve che a lunga scadenza), si avrà la possibilità di fronteggiare tutte le variabili che possono presentarsi nel corso dell’investimento e ad intervenire facilmente in caso di necessità (ad esempio, vendendo il titolo prima della scadenza).