L’Importanza Del Bail-In Per Le Banche
Negli ultimi anni si è sentito parlare molto del termine Bail-in e del ruolo chiave che ha avuto dopo la crisi economica del 2008. Ma di cosa si tratta? La parola Bail-in (o salvataggio bancario) è uno strumento che consente alle autorità preposte di disporre, in determinate condizioni, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare una banca in crisi mantenendo la fiducia del mercato. In questi casi, soci e obbligazionisti non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure standard. Per il sistema bancario e in generale per il diritto italiano, si tratta di una vera e propria novità.
La procedura di bail-in ha quindi uno scopo molto importante, cioè quello di salvare l’istituto di credito in crisi da un fallimento che coinvolgerebbe i dipendenti, i clienti della banca e l’intero tessuto economico e finanziario in cui opera. Il bail-in scatta quando una banca è in dissesto (o a rischio di dissesto) e se si ritiene che altri interventi privati (come aumenti di capitale) o interventi della vigilanza non possano avere effetti benefici e se si teme che la liquidazione della stessa possa creare problemi all’intero tessuto finanziario, ai dipendenti e ai clienti generando un problema di interesse pubblico.
L’autorità preposta ad avviare questa procedura, ovvero la Banca d’Italia, può operare in diversi modi: può cedere a un privato “pezzi” della banca, può separare le attività deteriorate in una “banca cattiva” (bad bank) incaricata di gestirne la liquidazione il prima possibile, oppure può creare una “banca ponte” (bridge bank) per garantire la continuità delle funzioni più importanti (anche in questo caso in vista di una vendita). La Banca d’Italia potrà anche svalutare azioni o obbligazioni e convertirle in azioni per assorbire perdite e ricapitalizzare la banca. Il tutto avrà l’obiettivo di ridurre al massimo l’impatto sui bilanci dello stato di eventuali alternative di rifinanziamento pubblico, evitando al tempo stesso rischi per gli azionisti, ossia a coloro che hanno investito nel capitale di rischio della banca e per gli obbligazionisti, che all’istituto hanno prestato denaro.
La procedura di bail-in implica una sorta di gerarchia nel trasferimento delle perdite su soci e obbligazionisti: prima pagano gli azionisti (cioè verranno pagate le perdite della banca azzerando o riducendo il valore delle loro azioni) e gli altri detentori di titoli di capitale. Se questo non basta si passa ai titolari di obbligazioni subordinate, ai creditori chirografari e persino alle persone fisiche e alle piccole e medie imprese con depositi oltre i € 100.000. Infine interviene il fondo di garanzia dei depositi. Ad ogni modo, è escluso dalla procedura di bail-in:
- i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, ovvero chi ha un conto fino a € 100.000;
- i titolari di passività garantite, compresi i covered bond e altri strumenti garantiti;
- le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto specifico;
- le passività interbancarie (esclusi i rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
- le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
- i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare;
- le quattro banche regionali.
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