Le vendite allo scoperto

Spesso si sente parlare di “vendite allo scoperto”, ma vi siete mai chiesti che cosa sono? Oggi cercherò di spiegarvi questo interessante aspetto del mercato. Questa strategia si porta sempre dietro uno strascico di polemiche tra favorevoli e contrari, che tendono a surriscaldarsi particolarmente nei periodi di forte oscillazione dei mercati. Le vendite allo scoperto non sono una novità dei mercati finanziari, anche se la recente crisi ne ha messo in luce più di quanto avvenisse nel passato i limiti e i rischi connessi.

Strategia speculativa

vendite allo scopertoIn poche parole, questa strategia consiste nella possibilità di vendere titoli non posseduti direttamente, ma richiesti in prestito ad altri e impegnandosi ad acquistarli entro un breve periodo di tempo. Chi sceglie di attuare questa strategia è di solito convinto di poter acquistare a un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita, traendone quindi un guadagno. Di fatto, è una vera e propria tecnica speculativa, che esiste da almeno 400 anni, considerato che alcuni documenti storici fanno risalire all’anno 1602 un avvenimento che ebbe come protagonista il mercante olandese Isaac La Maire. Egli, infatti, investì ben 82.000 fiorini nella Compagnia Olandese delle Indie Orientali, ma in seguito prese la decisione di “liquidare” l’operazione vendendo azioni in misura maggiore di quante non ne possedesse effettivamente! Questa scelta, al tempo, provocò così grande indignazione che spinse le autorità a stabilire le prime regole ufficiali per questa forma di speculazione.

Il prestatore

A prestare, in genere, è una banca. Ma, chiaramente, non lo fa per niente! Da questa operazione, essa infatti guadagna un margine di interesse tanto più alto quanto maggiore è la durata del prestito. La vendita allo scoperto si definisce nuda quando invece la cessione non è assistita da un prestito. Come riporta il sito della Consob (Commissione Nazionale per la Società e la Borsa) per vendita allo scoperto nuda si intende una vendita non supportata, al momento dell’ordine, né dal diritto a ricevere, entro la data di liquidazione della vendita medesima, i titoli oggetto della vendita, né dalla disponibilità degli stessi”.

rischi

Le vendite allo scoperto sono più frequenti nelle fasi “al ribasso” dei mercati (in inglese il termine usato è “short selling“, proprio perché i cicli di calo tendono a essere più brevi di quelli di rialzo) e questo potrebbe avere un effetto amplificatore. Vediamo di capire meglio il concetto facendo un esempio: il titolo A è in calo e quindi viene investito da una “pioggia” di vendite allo scoperto, che ne provocano un crollo! Se si moltiplica questo andamento per decine di titoli, è chiaro che si produce un rischio sistemico, soprattutto quando si ricorre alle vendite nude! Qualcosa del genere si è visto nei mesi più duri della crisi, tanto da spingere le autorità di Borsa (ovvero la Consob) a limitare temporaneamente le vendite allo scoperto!

normativa europea sulle vendite allo scoperto

Dal 1° novembre di quest’anno è entrato in vigore il Regolamento Europeo che fissa una serie di limiti a queste operazioni speculative. Tra le misure introdotte, vi è il divieto di acquisto di cds (una sorta di assicurazione contro il fallimento del sottostante) sul debito sovrano senza avere la disponibilità dei titoli soggiacenti. Inoltre, gli investitori sono tenuti a trasmettere alla Consob le loro posizioni nette sulle azioni, mentre l’Autorità di controllo del mercato provvederà a curare una cronologia di queste operazioni per poter aumentare la trasparenza.

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